Bulgaria, l’antichissima terra di Orfeo, ricca di storia e di arte, dalle tombe dei Re traci alle magnifiche icone bizantine.
Per lungo tempo l’Europa occidentale non ebbe rapporti diretti con i popoli dell’Est, per questo non ne poté conoscere la cultura e l’ arte. Colpa della divisione che avvenne dopo la Seconda Guerra Mondiale che vide l’Europa divisa in due blocchi: in Occidente le Nazioni legate agli Stati Uniti, ad Oriente quelle sotto l’egida dell’Unione Sovietica. Caduto il muro, non solo ideologico, abbiamo scoperto con sorpresa e ammirazione quanto ci fosse in quei popoli di bellezza, spiritualità, arte e testimonianze storiche. Il riferimento è rivolto in modo particolare alla Romania ma ancor più alla Bulgaria della quale noi purtroppo avevamo avuto solo citazioni in negativo, dimenticando che era stata la terra dei Traci e di Orfeo e che era stata un Paese che, nel Medioevo, fu uno degli imperi europei più potenti tanto da tener testa a lungo ai Bizantini. E che questo Paese infine, malgrado la lunga e dolorosa dominazione turca durata cinque secoli, aveva mantenuto la sua fede cristiana e tutte le sue tradizioni.
I Traci entrano nella storia citati da Omero nell’Iliade e da Erodoto; la loro origine era molto antica e di loro rimangono testimonianze di grande bellezza quali le tombe reali, molto simili a quelle etrusche, ricche di dipinti, sculture e corredi funerari che si aggiungono ai “tesori” in oro di età preistorica. Questo popolo ebbe stretti rapporti con i Greci ai quali trasmise il culto di Orfeo che fu alla base dei Misteri Eleusini, una religione iniziatica molto diffusa nel mondo romano. La Tracia, insieme alla Mesia (parte dell’attuale Serbia), fu una fiorente provincia romana dalla quale uscirono famosi generali e imperatori, primo fra tutti Costantino che, prima di fissare la sua capitale a Bisanzio, la pose anche a Serdica, l’attuale Sofia. La lunga presenza romana è documentata dalle rovine di teatri, ponti, acquedotti, ippodromi e chiese paleocristiane a Sofia, a Plovdiv (l’antica Filippopoli di Filippo il Macedone), a Nikopolis e in molti altri siti. Sono notevoli al giorno d’oggi i lavori di scavo e la protezione dei siti archeologici che già stanno diventando parte di percorsi di studiosi e di turisti.
Nel VII secolo il territorio, che era stato dei Traci e dei Romani, venne invaso dai Bulgari, un popolo che proveniva dall’Asia centrale, abili cavalieri, allevatori di bestiame e agricoltori, ma anche ottimi artigiani. I Bulgari si convertirono al Cristianesimo nel IX secolo che fu anche il secolo d’oro della loro storia e della loro cultura grazie all’adozione dell’alfabeto cirillico creato da Cirillo e Metodio, monaci macedoni, di cultura greca, e dai loro discepoli. Dalla Bulgaria questo alfabeto, dipendente dal greco ma anche da lingue mediorientali, si diffuse in Russia, in Serbia e in altri Paesi confinanti. Il regno di Bulgaria venne definito “impero” e il sovrano fu chiamato “zar”; nel corso di circa sette secoli, per il succedersi di dinastie diverse, in Bulgaria si succedettero tre Regni con tre diverse capitali: Pliska, Preslav e Tarnovo. Testimonianza del primo regno bulgaro è il magnifico Cavaliere di Madara, scolpito sulla parete rocciosa delle montagne di fronte a Pliska. Nel momento del massimo splendore, fra il XII e il XIII secolo, l’Impero bulgaro ebbe un’estensione che andava dal Mar Nero e dall’Egeo fino al Mar Adriatico. I Bulgari ebbero sempre rapporti con Bisanzio, a volte per intese politiche e scambi commerciali, ma molto più frequentemente per questioni territoriali e di supremazia che si risolvevano in guerre feroci. Al tempo delle Crociate la Bulgaria venne percorsa dagli eserciti cristiani che si recavano in Terrasanta; non sempre questi passaggi furono pacifici, ma si instaurarono comunque rapporti con gli imperatori occidentali, Federico Barbarossa fu uno di questi, e con i Papi. Questi contatti dettero anche risultati in campo artistico come si può intuire dagli affreschi nei monasteri e nelle chiese di Zemen e di Bojana.
Fra le forme d’arte più alte espresse nel lungo periodo della storia bulgara, oltre ai grandi cicli di pittura murale nelle chiese e nei monasteri, emergono le icone che, a partire dalla stessa tecnica esecutiva diversa da quella impiegata nel mondo orientale, pur seguendo l’iconografia bizantina ortodossa, impiegano una prospettiva particolare, quella “ribaltata” o “teologica”, seguita poi anche nel mondo russo. Rappresentano la realtà come se fosse vista dall’interno, dall’occhio di Dio: una prova in più della profonda spiritualità bulgara.
Alla fine del ‘300 il Paese venne conquistato dai Turchi Ottomani che dopo poco si impossessarono anche di Bisanzio e di gran parte dei Balcani, arrivando alla fine dell’600 fino sotto le mura di Vienna. Gli Ottomani dominarono la Bulgaria fino alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento ma, in questo lungo e tristissimo periodo, la religione ortodossa e la cultura bulgara riuscirono a salvarsi grazie ai monasteri intorno ai quali si intensificò la vita spirituale e intellettuale. I grandi complessi monasteriali di Bacharovo, di Arnabassi e di Rila, ricchi di dipinti e di arredi, testimoniano la continuità religiosa, culturale e delle tradizioni dei Bulgari, malgrado l’oppressione e la persecuzione. Anche da questi luoghi partì lo spirito di rinascita e la lotta per l’indipendenza che caratterizzò, con molti lutti, tutto l’800. Alla fine del secolo, grazie anche alle Nazioni occidentali, che ebbero però spesso una politica ambigua, e grazie soprattutto alla Russia zarista, anche la Bulgaria riconquistò la sua indipendenza e divenne un regno sotto la dinastia Sassonia Coburgo Gotha.
Nella Guerra del 1914 – 18 questo Paese si allineò con la Potenze Centrali e si alleò con la Germania nazista (rifiutando però di perseguitare gli Ebrei!) nella Seconda Guerra Mondiale, al termine della quale dovette subire la forte “protezione” dell’Unione Sovietica. Per altri 50 anni circa la Bulgaria rimase lontana dal mondo occidentale che solo ora ne scopre i tesori nella bella natura, nei suoi monasteri e nei moderni e ricchissimi musei delle sue belle città.
Maria Giuseppina Malfatti Angelantoni